Psicologa Roma by

#iorestoacasa #skype

Questi che stiamo vivendo sono indubbiamente giorni molto difficili, convulsi, passati a rincorrere con preoccupazione e angoscia crescenti il veloce e subdolo propagarsi del famigerato Coronavirus e, con lui, delle numerose e a volte fuorvianti notizie presenti su giornali e social. L’OMS ci ha messo in guardia rispetto ai rischi dell’infodemia, ossia di quella sovrabbondanza di informazioni (alcune accurate e altre no) che rende difficile alle persone trovare fonti attendibili e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno. Eppure non resistiamo alla tentazione, siamo diventati bulimici! Cerchiamo continuamente nuovi contenuti sul tema, lo pensiamo e lo nominiamo a ripetizione, “vomitandolo” addosso a chiunque. Ma proprio come avviene nei disturbi alimentari, non ci sentiamo mai veramente nutriti, il vuoto e l’angoscia ci rimangono addosso… Inoltre, una delle conseguenze dell’infodemia è il pericoloso incentivo di comportamenti di salute – ma anche sociali – inappropriati o addirittura dannosi.

A questo punto della vicenda, però, la dimensione del fenomeno sta diventando tale da rendere fragile (per fortuna, direi!) anche il meccanismo difensivo della negazione con cui molti in questi giorni si sono protetti dall’angosciante contatto con la realtà, esponendo così ulteriormente se stessi e la collettività al rischio del contagio e della sua propagazione. I numeri parlano chiaro e, poiché questo sembrava non bastare per disincentivare condotte pericolose, sono arrivati anche i decreti del Governo a indicarci (e imporci) la strada: prescrizioni comportamentali e divieti si sono propagati come il virus dal Nord al Sud, restringendo la nostra libertà, per proteggerci. Da oggi 10 marzo tutta l’Italia è diventata “zona rossa”!

La maggior parte delle “normali” attività è sospesa o sottoposta a importanti restrizioni (chiuse scuole, palestre, pub, cinema, ristoranti, etc.). la libertà di movimento limitata a strette e improrogabili necessità lavorative o di salute. Un’atmosfera a tratti apocalittica, ma tesa a scongiurare proprio l’apocalisse. Dunque con serietà e speranza dobbiamo impegnarci tutti, collaborare.

 

Consulenza on-line - Lo Psicologo via skype

L’ultimo decreto è diventato un importante messaggio virale: #iorestoacasa. Ora la domanda è: e la psicoterapia?

Personalmente, nella mia attività clinica a studio nei giorni scorsi e sin dalle prime notizie di contagiati italiani, ho adottato le indicazioni precauzionali diffuse dagli esperti e prontamente raccolte dall’Ordine degli Psicologi del Veneto (in quanto Regione colpita per prima da un focolaio) in un utile vademecum: dunque niente stretta di mano salutandosi, mantenimento della distanza di oltre 1 metro durante il colloquio, igienizzazione accurata e frequente delle mani con acqua e sapone e delle superfici con disinfettanti, etc.

In questo momento così delicato, però, tutto questo potrebbe non bastare: incentivare gli spostamenti delle persone (magari sui mezzi pubblici) per recarsi presso lo studio del professionista, non è auspicabile. Per contribuire al contenimento del contagio e tutelare quindi la salute della collettività, sto riducendo le sedute vis a vis allo stretto necessario (seppure, ripeto, queste non siano vietate e possano svolgersi comunque con i dovuti accorgimenti e dunque “in sicurezza”) proponendo il passaggio a Skype. Questa piattaforma diventa una scelta necessaria e non opzionale in caso di sintomi influenzali anche lievi o di contatto stretto avvenuto negli ultimi giorni con persone risultate positive al Coronavirus.

 

Dallo studio dello psicologo alla consulenza Online su Skype

Fortunatamente il passaggio a Skype, suggerito ormai dai diversi Ordini professionali per gestire al meglio l’emergenza, non mi coglie impreparata: sono abituata a utilizzare questa piattaforma in alcune specifiche situazioni o momenti del processo terapeutico. Per maggiori dettagli ti invito a leggere il mio precedente articolo sulla terapia via Skype

Ovviamente ciò non significa che il passaggio dal setting in presenza a quello virtuale sia una mera questione tecnica, prima vi risonanze emotive e fattori relazionali da tenere in considerazione. Ciò che posso dire qui, però, tentando una sintesi su un argomento evidentemente articolato e complesso, è che, una volta “presa confidenza” con lo strumento e con le sue specificità comunicative (in cui per esempio mancano le informazioni olfattive e in parte prossemiche, ma permangono tutte le preziose informazioni del canale non verbale veicolate dalla mimica facciale e dalla voce), la seduta si svolge “normalmente”, sia nei modi che nei tempi. Ecco allora che può essere un’utilissima risorsa per fronteggiare un momento di isolamento come questo, permettendo di tutelare la salute e la sicurezza di ciascuno e al contempo di dare continuità al processo terapeutico. Senza dire che, la particolarità della situazione che stiamo vivendo tutti, può esporre le persone ad emozioni di paura, ansia e angoscia che si vanno a sommare e intrecciare alle pregresse condizioni di disagio per cui il percorso di terapia era in corso. Dunque, come dire, mai come in un momento del genere può esserci bisogno di un sostegno psicologico e di mantenere attivi i propri contesti terapeutici!

Per quanto tempo durerà tutto ciò? Ahimè, non è possibile fare una previsione certa, dobbiamo un po' navigare a vista in base a ciò che accade e alle indicazioni che riceveremo dagli organi preposti alla tutela della nostra salute. Posso però dire che la mia sensazione è che la situazione sia molto seria e dunque meritevole di uno sforzo di attenzione e cura da parte di tutti noi, allo stesso tempo mai come ora forse è vero che l’unione fa la forza: se abbandoniamo le nostre difensive posizioni individualiste e di negazione del problema per rimanere autenticamente connessi (e non mi riferisco attraverso i social, ma a un livello più profondo), attraverseremo questa tempesta uscendone bene. Non senza ferite, probabilmente, ma bene. Dobbiamo co-costruire questo passaggio, proprio come si fa in terapia.

Vi aspetto via Skype! 

 

 

A settembre se ne fa un gran parlare, del resto è esperienza piuttosto comune affrontarla: è la temuta “crisi da rientro”,  un mix di emozioni e pensieri negativi, spesso accompagnati da veri e propri sintomi fisici di intensità variabile che rendono faticosa la ripresa della routine dopo la pausa estiva.

La psicosomatica espone in questo caso tutta la sua merce migliore: mal di testa, problemi digestivi, dolori muscolari, insonnia, astenia… Inoltre, ci si può sorprendere più nervosi e ansiosi, instabili di umore e avere difficoltà di concentrazione e attenzione. Lo stato emotivo può virare verso la depressione, tanto che alcuni studiosi  hanno formulato l’etichetta di “post vacation blues” per definire questa condizione di malessere. 

Un disagio piuttosto articolato e importante, dunque, che è stato invece a lungo sottovalutato e disconosciuto. Ultimamente, però, sta assumendo un’identità più chiara e riconosciuta: sembra coinvolgere diverse persone, anche i più giovani, addirittura i ragazzi al rientro a scuola.

Da un punto di vista psicologico, del resto, riprendere i ritmi della quotidianità può avere tante implicazioni e significati. Ci si ritrova nuovamente a contatto con il “dovere”, con le aspettative (altrui e proprie), con gli impegni, spesso immersi in ritmi frenetici e “schemi” dentro cui si può sentire di avere poca libertà di movimento e riposo. Riprende la scuola, il lavoro, la palestra, la gestione quotidiana della casa, il traffico, le corse… Può accadere di non sentirsi capaci o spaventati dal doversi nuovamente confrontare con delle situazioni relazionali difficili (con i colleghi, il capo, i compagni di scuola, gli insegnanti, etc.) o semplicemente all’idea  di non riuscire a conciliare il dovere con il piacere e la cura di sè. Il corpo e la psiche allora parlano attraverso i sintomi, segnalano dei bisogni: sembra che cerchino di rallentare la ripresa e di indicare una via per integrare e non perdere per strada­ quanto di buono esperito durante le vacanze. Quanta sapienza nella nostra unità mente-corpo!

 

Come prevenire o ridurre la "crisi da rientro"

Vediamo però COME “PREVENIRE”, o comunque ridurre in termini di intensità, questo stato di affaticamento, ansia e depressione che può accompagnare il passaggio dalla pausa estiva alla ripresa:

  • Prolungare il più possibile le vacanze evitando di spezzettarle: per ricaricarsi è necessario immergersi in ritmi e contesti nuovi e rilassanti. Ovviamente non è necessario andare fisicamente lontano, ma sì “rompere” gli schemi, come si suol dire “cambiare aria” (anche solo frequentando persone diverse o dedicandosi ad attività piacevoli).
  • Rientrare progressivamente: è utile crearsi dei cuscinetti tra le vacanze e la ripresa, darsi del tempo per abituarsi, accelerare i ritmi gradualmente. Non farlo fa sì che sia il corpo poi a parlare e rallentarci attraverso i sintomi!
  • Iniziare un eventuale percorso psicologico prima dell’estate: piuttosto che lasciarla tra i “buoni propositi” che incombono sul calendario di settembre, può essere una scelta saggia non rimandare e prendere in mano una situazione di disagio e malessere che ci affatica e/o angoscia. Questo ci alleggerirà e potrà essere di aiuto anche al momento della ripresa della routine, quando la relazione terapeutica sarà già avviata e pronto ad accoglierci.

 

Gestire la "crisi da rientro" trasformandola in opportunità

Quando la crisi da rientro è attiva, in ogni caso, può metterci di fronte a delle OPPORTUNITA’ da cogliere:

  • Coltivare uno stile di vita più sano: la fatica che facciamo a stare nuovamente per tante ore fermi e al chiuso in ufficio, o in mezzo al traffico, ci segnala alcuni nostri reali bisogni a cui in vacanza diamo “spontaneamente” ascolto ma che tendiamo invece poi a soffocare. Possiamo provare ad approfittare dell’esperienza positiva che abbiamo maturato per trasportarla nel quotidiano della routine. Insomma, per dirla con una metafora “non scendere dalla bicicletta finche è in movimento” perché si sa che poi risalirci è più dura e si tende ad accomodarsi su altri mezzi…Duqnue continuiamo a camminare all’aperto e in mezzo alla natura quando possibile, riduciamo l’uso della macchina, facciamo dello sport, mangiamo cibi buoni e sani piuttosto che preconfezionati e precotti, leggiamo un buon libro piuttosto che passare ore alla tv o pc etc. Il nostro corpo-mente ci ringrazierà e si reinserirà nella routine in modo nuovo e meno faticoso.
  • Darsi obiettivi raggiungibili e motivanti. Se ciò che la sindrome da rientro segnala è innanzitutto una fatica a confrontarsi con qualcosa che si sente come “troppo” o “ineludibile”, allora sarà utile muoversi verso obiettivi a misura delle proprie energie e soprattutto verso mete realmente desiderate. La ripresa dopo la pausa estiva è il momento migliore per avviare con passione dei progetti personali, o anche per iniziare a dedicarsi a quell’hobby per cui non si è mai trovato il tempo. Spesso durante le vacanze, complice il relax che lascia libera la creatività e aiuta ad entrare maggiormente in contatto con se stessi, emergono i propri desideri più autentici, si hanno degli “insight” in merito a ciò che si vorrebbe fare. Dare seguito a queste spinte, canalizzandole all’interno di obiettivi realistici e realizzabili è un ottimo modo per “portare con sé” l’atmosfera magica delle vacanze, creare un ponte con la routine, integrare dovere e piacere.
  • Iniziare un percorso psicoterapeutico: se il malessere che si vive nella fase di rientro alla routine è particolarmente intenso o prolungato probabilmente segnala un bisogno psicologico a cui dare ascolto competente. Ciò che si è lasciato da parte e in stand-by al momento della pausa estiva ha bisogno di essere visto, compreso ed elaborato.

 

Nella mia esperienza...

Mi accade spesso di ricevere richieste di inizio terapia o sostegno psicologico in questo periodo dell’anno, proprio sulla spinta di questa “crisi” che il rientro produce e ri-attiva, andando a toccare corde personali magari a lungo silenziate. In tal senso, la sindrome da rientro mi sembra un’enorme opportunità, una cassa di risonanza per iniziare ad ascoltarsi e a farsi ascoltare.

Quando può essere utile un intervento psicologico a domicilio? 

 

Quando può essere utile un intervento psicologico a domicilio? Come si svolge una visita psicologica a domicilio? Quali i servizi attualmente presenti sul territorio?

Oltre a far parte dell'Associazione Inverso a Roma che è focalizzata sulla Psicoterapia a domicilio a Roma e sul cui sito potrete trovare molte informazioni utili, ho trattato i punti sopra nell'intervista condotta da Pier Luigi Stentella per Radio Incontro Terni.

 

Buon ascolto!

https://soundcloud.com/radioincontro-terni/psicologia-a-domicilio-drssa-laura-dominijanni-presidente-associazione-inverso

 

Se pensi di aver bisogno di uno psicologo a domicilio a Roma, ti consiglio di leggere questo articolo "psicologia e psicoterapia a domicilio: quando la richiesta d’aiuto inverte il senso di marcia" o di contattarmi.